lunedì 16 agosto 2010

VIAGGI

RACCONTO IN QUESTA RUBRICA DI UN RECENTE VIAGGIO CHE HO FATTO, CON UN GRUPPO DI AMICI, IN ARMENIA. MI FAREBBE PIACERE ACCOGLIERE LE ESPERIENZE DI ALTRI VIAGGIATORI, TURISTI OCCASIONALI O ORGANIZZATI CHE VOLESSERO CONDIVIDERE LE LORO ESPERIENZE.NON ESITATE IL MIO BLOG E' APERTO.
Fare un viaggio in Armenia può significare diverse cose. La repubblica presidenziale armena divenuta indipendente dalla Unione Sovietica nel 2001. è solo un decimo dell’Armenia geografica e storica. Molti dei suoi più bei monumenti artistici ed architettonici si trovano in territorio turco, compreso il simbolo naturale dell’Armenia, il monte Ararat ed i resti della prima capitale Arni . Yerevan Da Yerevan inizia il nostro viaggio. Yerevan è la capitale dell’Armenia dal 1918 , il suo cuore pulsante. Con i suoi 1.200.000 abitanti, i suoi viali, le sue passeggiate, le sue fontane, i suoi bei negozi Yerevan è il cuore pulsante dell’Armenia, rappresenta la nuova Armenia, il suo futuro ma anche la sua storia e la sua memoria. Da Yerevan si vedono , inquinamento permettendo, le due vette perennemente innevate del Monte Ararat su cui si arenò Noè con la sua Arca, dopo il diluvio. L’influenza russa nell’architettura di Yerevan è marcata. Tuttavia il bel colore ocra del tufo,con le sue mille sfumature, rende gradevole l’insieme. Sul filo della storia abbiamo visitato i resti della fortezza di Erebuni, risalenti alla civiltà pre-armena di Urartu, quindi il Museo Storico Nazionale, il Matenadaran (Biblioteca Nazionale), che custodisce circa 17.000 manoscritti, molti dei quali nella scrittura cuneiforme ed impreziositi da bellissime miniature. Sul filo della memoria e di una profonda commozione, per non dimenticare la storia, abbiamo visitato il commovente museo del genocidio con il suo severo monumento La diaspora e tutta la catastrofe del genocidio lasciano, ancora, un segno indelebile negli armeni che ne parlano spesso con commozione sincera. I 5.000.000 di armeni sparsi nel mondo ritornano spesso in patria, acquistano case e le ristrutturano. Vibrante il ricordo dei 1.500.000 armeni deportati e lasciati morire o massacrati dall’impero ottomano dal 1915 al 1923. La Cascata è una moderna realizzazione in travertino, a sbalzi, su una collina. Il giardino antistante,sulla via Tamanian, è uno spazio museale all’aperto con alcune belle opere tra cui due statue di Botero. La seconda tappa del nostro viaggio ci porta nell’ Aragatsotn Marzpetaran, alla fortezza di Amberd, il cui nome significa inaccessibile, mai espugnata. Imponente struttura risalente al 7 secolo. Nei pressi sorgono le prime due belle chiese o monasteri che visitiamo quella di Hovannavank,costruita dai principi Pahlavuni, e quella di Saghmosavank ( monastero dei salmi), del 12-13 secolo. Il primo monastero è dedicato a San Giovanni Battista. Spicca un altare decorato con stelle intagliate. Il secondo è il monastero dove si fermò San Gregorio l’illuminatore fondatore e primo patriarca della chiesa armena. Il monastero si affaccia sul canyon del fiume Kasakh. E poi Mughni la chiesa dedicata a San Giorgio. Ben due matrimoni rallegrano la nostra visita. Sposi sorridenti, invitati allegri. Uno sposo portavo avvolto intorno al petto due strisce l’una rossa e l’altra verde, mentre il testimone una lancia, una specie di bacchetta, con fiori ed in cima il melograno. Il melograno ritorna, quasi ovunque, scolpito sui portali delle chiese, ricamato, intagliato negli oggettini che i negozi o le bancarelle di souvenir vendono ai turisti Chiese severe, in pietra, annerite dal fumo delle mille candele che una fervente devozione spinge gli armeni a dedicare alla Vergine o ai Santi. Ricche di khachkars, la tipica croce fiorita di pietra. Sono tuttavia chiese senza figure ricche di croci scolpite, croci appoggiate o interrate nei dintorni. La croce fiorita, simbolo della resurrezione, ci accompagna lungo tutto il nostro viaggio La cittadina di Edjmiadzin, capitale religiosa.Nei pressi di Yerevan è situata la cittadina di Edjmiadzin, il cui nome significa “L’Unigenito è disceso”, poiché Cristo vi apparve a San Gregorio l’Illuminatore, fondatore e primo patriarca della Chiesa armena. Qui risiede la suprema autorità della Chiesa armena, il “Katholikos di tutti gli Armeni”. Qui ci rechiamo per la sontuosa messa domenicale.Vistiamo la Cattedrale, costruita tra il 300 ed il 301 ed alcune tra le più antiche e splendide chiese armene: Shoghakat (VI secolo, ricostruita nel XVII), che significa “effusione di luce”, e le due chiese intitolate alle sante vergini martiri sotto l’imperatore Diocleziano, Gayané (Gaia) e Hripsimé (Crispina) . Li assistiamo alle offerte votive di due bianche colombe e di una pecora piuttosto riottosa Nelle vicinanze ammiriamo anche le rovine dell’imponente chiesa di Zvartnots ( dove volano gli angeli) , l’antico patriarcato del VII secolo, la cui struttura non ha resistito ai violenti terremoti che di frequente colpiscono questa terra. Interessanti capitelli a cestello. Il bassorilievo della Cattedrale è conservato nella Sainte Chapelle di Parigi. Un suggestivo orologio, con le ore nella parte inferiore del quadrante rappresentate dalle lettere dell’alfabeto armeno, invita a pregare Dio come egli si aspetta ( che si faccia). Nel pomeriggio visitiamo il mercato del Vernissage, dove facciamo qualche buon acquisto. A proposito di alfabeto armeno devo dire che questo ha per gli armeni significati simbolici assai forte: attaccamento alla proprio identità, alle proprie radici, unione e comunanza con tutti gli armeni sparsi nel mondo, affermazione della propria diversità e della propria storia millenaria. Creato nel 406 da MESROP MASHTATS. Prima della invenzione dell’alfabeto armeno la letteratura si tramandava per tradizione orale o grazie alle iscrizioni cuneiformi. Ancora più forte è il legame, l’identità ed il senso di appartenenza dato dalla fede cristiana degli armeni: dall’essere culla del cattolicesimo ed enclave cattolica in un mondo mussulmano. Gli armeni hanno pagato duramente nel corso della loro storia questa forte fede cristiana. L’impressione è che questa fede sia un saldo baluardo per resistere alle continue minacce di cui sono oggetto. La suggestione delle chiese armene È comunque nella campagna armena circostante, nelle diverse province che circondano la capitale che lo specifico della cultura armena si manifesta con più intensità. I mille monasteri ( vank), chiese e chiesette che hanno alimentato la fede degli armeni hanno uno stretto e particolare legame con l’ambiente e con gli armeni. Chiese e monasteri tendono ad inserirsi armoniosamente nel territorio come se sorgessero dalla terra da cui riprendono l’ocra e la porpora. La quarta tappa è nella provincia di Gegharkunik Iniziamo con la visita al monastero di Goshavank ( monastero dedicato ad al famoso giurista Gosha). Li abbiamo ammirato il khachkar più bello di tutta l’Armenia. Lavorato a tre strati di pietra intagliata a merletto con la croce armena sovrapposta al cerchio rappresentante il dio sole. Nel monastero di Sevanovank vari khachkars con figure umane ed animali. Due scimmie appese ad un ramo, una curiosa Madonna con la barba ed in braccio il bambino. La chiesa di Santa Astavatsatsin ed il cimitero dei khachkar a Noraduz. Bellissime croci di pietra con raffigurazioni di scene di vita quotidiana, con le forbici che rappresentano la vita spezzata, Ed ecco che preannunciata da strilli e pianti assistiamo all’arrivo di una madre con due piccoletti urlanti. La madre spacca, violentemente, una bottiglia su una tomba per togliere la paura ai figli. Il Lago di Sevan Dall’alto del monastero di Hairavank ammiriamo il lago di Sevan, ricco d’acqua e di graziose spiagge. Situate a quasi 2000 metri di altitudine, sulla penisola, incontriamo due piccole chiese medievali che un tempo erano isolate sull’isola. Oggi, a causa dell’abbassamento delle acque del lago provocato dall’irrigazione, queste chiese sorgono sulla terraferma. In un bel ristorante gustiamo la famosa trota del lago Sevan, ishkhan. La cucina armena è come la gente armena semplice e senza fronzoli. Nulla di elaborato o sontuoso, pochi grassi, largo uso di spezie ed erbe aromatiche fresche ( prezzemolo,aneto,basilico nero,erba cipollina), tante verdure di preferenza crude, cetrioli, pomodori, melanzane, carni di pollo o maiale alla griglia, kebab, riso bollito, patate. Ottimo lo yogurt locale (matsoun o madzoon) accompagnato da marmellate (sono moltopopolari le marmellate di more, di ciliegie bianche e di ribes rosso) , o frutta secca o miele., Anche i dolci sono semplici e genuini, con miele, frutta secca, tipica la PAKHLAVA. Famoso il vino armeno ed il cognac Celeberrimo l’ Ararat, il cognac preferito di Churchill. Il pane (lavash) è una sottile sfoglia cotta contro le pareti del forno caldissimo La quinta tappa del nostro viaggio è nella zona che viene chiamata la Svizzera armena per le vaste foreste che la ricoprono. Lì si sono visitati i monasteri di Hagpat e Sanashin dichiarati dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Spaventata dalla lunghezza del viaggio e dalle condizioni disastrose delle strade armene ho scelto di restare a Yerevan a curiosare nei negozi ( per altro belli e di lusso). Sesta Tappa. Nella provincia di Ararat.Un altro centro fondamentale della storia armena e del suo legame con il cristianesimo è il monastero di Khor Virap, il cui profilo si staglia nettamente contro il monte Ararat. Il nome di questo monastero significa “fossa profonda”, poiché al suo interno vi è la grotta in cui sarebbe stato imprigionato per tredici anni San Gregorio l’Illuminatore, prima chi il re Tiridate, convertito al cristianesimo, lo liberasse. Immediatamente sotto il monastero di Khor Virap corre il confine con la Turchia e dall’altra parte, vicino ma irraggiungibile il Monte simbolo per gli armeni l’Ararat. Sis e Massis sono i nomi che gli armeni danno al monte Ararat ed a quello vicino Vistiamo anche una cantina che produce un buon vino, Areny, dal nome del vitigno. Certo la cantina non assomiglia alle nostre ma è pur sempre il miglior tentativo di modernizzazione che abbiamo visto in questo viaggio. Il viticolture ci fa degustare i suoi prodotti, con cortesia ma senza enfasi esagerata. L’Armenia produce 150.000 bottiglie di vino all’anno di cui circa il 50% va alla Russia, il 30% alla Germania ed il restante alla consumazione interna. Visitiamo la chiesa di Santa Astavazazin, detta Chiesa Bianca. Costruita dal celebre architetto Momick invitato dalla Cilicia per questo scopo. A differenza delle altre questa chiesa è più chiara perché costruita in travertino. Attraversiamo, poi, la gola di Norovahan, dove sono stati trovati importanti reperti preistorici tra cui la famosa babbuccia custodita al museo di storia di Yerevan. Novarank ( nuovo monastero) è il centro spirituale tra i più importanti dell’Armenia medievale. Si trova in una suggestiva posizione, isolato e desertico, costruito tra il XIII e il XIV secolo, in una stretta valle con il medesimo tufo rossastro delle rupi circostanti. L’edificio si confonde con il paesaggio ed assume i colori stupendi delle rocce circostanti. La cena si è svolto in un bel ristorante, dove il maitre cerca, con buoni risultati, di rivisitare la cucina tradizionale. Molto accurata la presentazione dei piatti. Va detto che tutti i ristoranti che abbiamo frequentato si sono distinti per la cortesia, la solerzia del servizio e la grande pulizia. I prodotti tipici Per quanto riguarda l'agricoltura, le aree più fertili del paese si trovano nelle zone irrigate lungo l'Araks e nelle piane di Yerevan e Gyumri, dove vengono coltivati cereali (frumento e orzo), cotone, patate, barbabietole, tabacco, frutta, vite. Circa il 23% del territorio è adatto all'allevamento, vi si allevano ovini, volatili, suini, bovini e caprini. Prodotti tipici da acquistare per portare a casa un po’ di Armenia sono il vino, il cognac, le marmellate, le noci sciroppate,la frutta e le verdure conservate, il miele. Kotay L’ ultima tappa della nostra visita è la regione di Kotay, Kotay Marzpetaran. Visitiamo il monastero di Ghegard del 12 /13° secolo ( conosciuto come Irivank, monastero della lancia. La biblica lancia usata dai romani per trafiggere il costato di Gesù) un complesso monastico di straordinaria suggestione, costruito in un sito di antichi insediamenti eremitici ( grotta di Airivank). Rannicchiato nel fondo di una gola sovrastata da alti spalti rocciosi, il monastero si sviluppa in parte nel vivo ventre della montagna. Costituito da 7 chiese e 40 celle per gli eremiti il monastero è stato importante centro religioso nel medioevo ed è ancora meta di pellegrinaggio per tanti armeni e luogo dove si compiono sacrifici rituali di animali per grazia ricevuta (mathag). Centinaia di khachkars e lance sono incise nelle rocce che circondano il monastero. Da una delle chiese sgorga una fontana di acqua freschissima che si dice miracolosa.Non lontano da Geghard si trova il tempio pagano di Garni (I secolo d. C.), l’unico reperto romano rimasto sino ai nostri giorni in una terra così intimamente legata alla fede cristiana. Il tempio, ben restaurato, è dedicato al dio Mitra, il dio del sole. La visita al tempio di Garni è allietata da un suonatore di dukduk. Il flauto tradizionale degli armeni, che evoca segrete nostalgie. Ma… disturbata dalla presenza piuttosto invadente di un gruppo di turisti iraniani. La Regina Marmotta. …il Re per una malattia perse la vista. Fu chiamato un indovino che disse . “….la medicina si trova soltanto nella città della Regina Marmotta ed è l’acqua del suo pozzo.” L’indovino veniva dalla parti dell’Armenia e la città della Regina Marmotta si trovava in quelle parti remote. Questo è l’inizio di una favola di Montale Pistoiese raccolta da Italo Calvino nelle Fiabe Italiane, edizione Einuadi, 1956. Il “Paese delle pietre urlanti” Il poeta russo Osip Mandel’shtam, che visitò e amò questa terra, la chiamava nei suoi versi “paese delle pietre urlanti”. “Stan in un paese dove il bene se ne è andato distrutto dalla violenza della storia, cui si aggiunge la violenza della sua negazione che condanna la comunità ed in singoli alla solitudine alla disunione.” Ha scritto Gli armeni chiamano il proprio paese Karastan “terra di pietre”. Appartenere ad una comunità in diaspora significa portare il peso della memoria, avere a che fare con questioni di vita e di morte. Nel passato dei sopravvissuti ci sono decapitazioni e crocifissioni, immagini di violenze efferate. Hanno cercato di rimuoverle, di cancellarle, l’oblio è sceso sulla loro storia, non nella loro anima. L’Armenia conserva in effetti ancora oggi un fascino arcaico e attraversandola si ha l’intensa impressione di riavvicinarsi alle prime radici del mondo. Soprattutto perché le varie occupazioni, l’invasione e la diaspora hanno come fermato il tempo e la storia di questo paese al medioevo. Non è facile appartenere ad una comunità in diaspora, significa avere a che fare con un passato di lutti, di morti efferate. Un passato che si è tentato di cancellare ma che resta più che mai vivo nella memoria. Non si torna davvero delusi da un viaggio in questa estrema frontiera orientale del mondo cristiano. Gli armeni sono cordiali senza esagerazione, sono ospitali ed onesti. Non abbiamo mai avuto l’impressione di essere abbindolati in quanto turisti che non conoscono affatto la lingua. Sempre, nei negozi, ci venivano fornite spiegazioni chiare sui prezzi, sul cambio, sulle caratteristiche dei vari prodotti. Nessuno ha mai chiesto nulla al nostro gruppo di turisti, né si è mai avvicinato con troppa insistenza. La gente, anche se povera, è serena ed operosa. I giovani sono molto educati e rispettosi, per nulla sguaiati nell’abbigliamento e nell’atteggiamento. Tuttavia, abbiamo notato, che gli armeni sorridono poco. ODE ALL’ARMENIA di Eghishe Ciarenz Io della mia dolce Armenia amo la parola dal sapore di sole, della nostra antica lira amo le corde dai pianti di lamento, dei fiori color sangue e delle rose il profumo ardente, e delle fanciulle di Nayiri amo la danza dolce e morbida Amo il nostro cielo turchese, le acque chiare il lago di luce, il sole d’estate e dell’inverno,la fiera borea stanante il drago, le nere pareti inospitali delle capanne perdute nel buio, e delle antiche città la pietra dei millenni. Non dimenticherò i nostri canti lamentosi, ovunque io sia, non dimenticherò i nostri libri incisi con lo stilo, divenuti preghiera, per quanto lacerino il cuore le nostre piaghe sprizzanti sangue, Amerò ancor di più la mia Armenia amorosa, orfana,ardente di sangue. Non vi è alcuna altra leggenda nel mio cuore colmo di nostalgia Simile al Narektatsi e a Kuchak non vi è fronte luminosa, Attraverso il mondo, non vi è simile all’Ararat vetta bianca,Qual cammino di gloria inaccessibile, il mio monte Massis io amo

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